!--hZOE8rYgajxJaILLHsSZy7Q7m2w --> Sottovuotostinto: marzo 2010

mercoledì 31 marzo 2010

Il lato buono della tristezza



Questa mattina ero seduto sul divano e nel relax più totale mi stavo leggendo "Internazionale". Sfogliando velocemente le pagine incontro un titolo che attira la mia attenzione: Il lato buono della depressione. Un'inchiesta di Jonah Leher su come la depressione e i disturbi mentali possano essere guardati sotto un'altra luce. Infatti, secondo alcune teorie evoluzionistiche la depressione aiuterebbe a riflettere e concentrarsi sui problemi imminenti. Due studiosi, Andy Thomson e Paul Andrews, hanno ribaltato il modo di vedere la questione. Lo stato depressivo ci permette di essere più analitici e di analizzare la situazione che ci ha fatto sentire male visualizzando le diverse sfaccettature dell'evento traumatico che ci ha colpito. Semplificando si può dire che impariamo dai nostri errori. L'articolo poi sviluppa l'idea che la depressione possa aiutare le persone a diventare più analitiche e a concentrarsi sulla soluzione di un problema e che aiuti la creatività.

Ora non voglio annoiarvi con tutti i dettagli, ma mi si è accesa una lampadina formato lanterna (essendo genovese, eh eh eh) leggendo una dichiarazione di Thomson: "Il problema, tuttavia, è che la nostra società considera la depressione come qualcosa che deve sempre essere evitato o curato immediatamente. Siamo così ansiosi di eliminarla che abbiamo finito per stigmatizzare la tristezza."
Andando oltre la distinzione tra la tristezza e la depressione che lascio a chi di dovere, mi viene semplicemente voglia di gridare Yahooooooo!!!!

Quello che ho capito in questi primi anni di vita (considero di essere nato tre anni fa) è che se sono triste o sto male non ho bisogno di far finta di stare da dio. Finalmente sento qualcuno che mi dice che se sono triste per qualche motivo e ci rimugino non sono pazzo. L'educazione che ho ricevuto mi ha portato spesso a dirmi: "cavoli sono triste! Ma non devo essere triste sorridi e vai avanti, su dai!" Dentro invece ci stava qualcuno che mi prendeva a calci e diceva: "Cazzo ma stai male, piangi, disperati."

Volevo solo condividere questo pensiero. Sapere che si può essere tristi e che questa tristezza è costruttiva mi dà una speranza per un futuro più sereno (e magari più felice). Camminando nella giungla maestosa della vita ci si può ferire e si può ferire qualcun altro, la "ruminazione mentale" (traducibile in pippe mentali) può servire a non ripetere gli stessi errori. Se andate avanti sorridendo tutta la vita prima o poi vi partiranno i punti del lifting.

Un abbraccio. Con sincera tristezza
Matteo

domenica 21 marzo 2010

Alberi sulla schiena... un metodo per tornare alla realtà



La realtà era che non avevo nessuna esperienza di come ci si comporta quando si fa un lavoro di questo tipo, ma ora ho una maggiore consapevolezza: ho imparato che non bisogna mettersi sulla traiettoria degli alberi che cadono. Magari questo può essere applicato anche nella vita di tutti i giorni... non parlo di schivare alberi, ma del fatto che ogni giorno si può imparare qualcosa di nuovo, anche dalla situazione più noiosa (se non altro capiamo cosa ci annoia).
In queste ore di fatica, sudore e segatura che si depositava su di me sotto la pioggia mi sono sentito veramente bene. Il lavoro fisico e la fatica mi permettono di annullare ogni pensiero. Concentrarsi sul lavoro che si sta svolgendo e sentire il proprio corpo e i muscoli doloranti scatenano in me un senso di pace. Lavorare senza fretta, ma seguendo il proprio respiro e valutando le possibilità del proprio fisico. Lavorare e vivere con lentezza continua a darmi un senso di pienezza.
Vi chiederete se sono masochista. Non più di molta altra gente. Pagare la palestra per ammazzarsi di fatica per me è da masochisti. Se mi ammazzo di fatica almeno lo faccio con uno scopo, la legna servirà a scaldare qualcuno durante l'inverno. Tra le altre cose non pago per farlo e nelle pause posso fare due chiacchiere con qualcheduno che non parli solo di quanto si è pompato oggi.
So solo che stare all'aria aperta e farmi un mazzo tanto (per usare un francesismo da boscaioli) mi ha fatto vedere la realtà per quello che è. Mi ha fatto vedere anche chi sono e quanto posso imparare. Non che desideri farmi cadere un albero sulla schiena ogni giorno, ma mi fa piacere sapere che li posso anche schivare.

Un saluto a tutti e... godetevi il bosco!

martedì 16 marzo 2010

Il Pranzo


Mi ricordo con gioia i pranzi in campagna con la mia famiglia. Una famiglia abbastanza numerosa, un grande e bel calderone pieno di caratteri diversi. Quelle giornate avevano qualcosa di magico e di rituale. Si preparava insieme il pranzo e la tavola, ognuno era impegnato e si condividevano nei piccoli gesti la vita. Era tutto molto semplice, ma allo stesso tempo, almeno ai miei occhi, tutto assumeva una grandissima importanza. I gesti e il lavoro dei singoli erano tutti mirati a creare un momento di condivisione profonda.

Queste splendide giornate, che hanno dato un colore caldo alla mia infanzia, hanno fatto si che io consideri il cibo non solo benzina per il corpo, ma anche benzina per l'anima. Mangiare è un piacere e una preghiera allo stesso tempo. Scherzare e ridere intorno a un tavolo è stato il modo per poter conoscere realmente le persone che sono importanti per me.

Quindi BUON APPETITO!

IL PRANZO

Non toglietemi

Un tavolo lungo,

E ridatemi

La gente che schiamazza

Che mastica, sputazza

Ravioli fatti a mano

Distesi là in cucina.


Distesi al sole

Dai pugni del vino,

Che ridono,

I grandi si stiracchiano

E ammazzano il caffè,

Non portano cinture

E si lasciano volare.


Ridatemi

Uomini e donne

Sbracati

Non voglio colletti tirati,

Ma l’ebbrezza del sole,

La coscia dell’agnello

Che unge le mie orecchie,

L’unta tovaglia

Che porta il vero sapore

Di allegro sudore

E si immerge nel sugo

L’odore

Dei commensali di vita.

venerdì 12 marzo 2010

Fantasia?



Tutti i giorni riceviamo diversi stimoli. L'incontro con una persona, un avvenimento inaspettato o la visione di qualcosa sotto una nuova luce. Bhe! riuscire ad osservare l'ambiente circostante con occhi diversi può aprire a nuove prospettive. La fantasia non è più un fantomatico super potere, ma è un pregio che ha ognuno di noi e che può essere allenato. Usare la fantasia può essere un gioco divertente per raccontare la realtà in modo differente, deformandola con una lente che possediamo tutti. La fantasia nasce dalla realtà e dall'esperienza. La fantasia prende corpo ed è reale.

La fantasia per me in queste poche parole ordinate e incolonnate è una droga naturale, un ritorno all'infanzia.


Salita S. Barnaba 25/4 (cesso)

Seduto tra orsi ed elfi

Sulla torre d’avorio,

Trattieni, costipato,

Un fardello pesante,

Inibito dai loro

Sguardi fissi, che escono

Da sotto il lavandino

(Il grande “Lago Bianco”),

Strappati con la forza

Dalle troppe fantasie

Che si stipano in testa.

Il pavimento vive

Nel suo marmo screziato

Di storie senza fine.

Macchie con un copione

Combattono nei campi

Battaglie sanguinose.

È nel sangue, che cade

Dal naso, che nuotano

Felici i Nani Stronzi,

Smaniosi di tagliare

L’Albero Inebetito

(Troppo distrutto dalla

Vista delle sue foglie

Morte a terra sul colpo

Per far ombra a dei bonzi).

E tu non ti liberi

Finché non ti chiamano

Finché non ti chiedono

Come lo sciacquone abbia

Lavato la tua testa.

giovedì 11 marzo 2010


Ho deciso che ritorno a scrivere sul blog. Dopo pochissimi post e un lungo periodo di silenzio, ho deciso di coltivare i miei interessi e condividerli con chi ne avrà voglia.

Quindi rincomincio con quello che mi appassiona di più: la poesia. Questa, secondo me, è la forma di comunicazione che arriva diretta all'anima. E' il coltello che affonda nelle ferite di chi scrive riaprendole e curandole allo stesso tempo. Il piacere e il dolore non sono così diversi. Sono dei nodi che si presentano nella corda della nostra vita. La poesia può scioglierli o mostrarli per quello che sono?
Qui direttamente dalle mie viscere sono nati questi versi. Lascio a voi le conclusioni.

Crepaccio
Il mio cervello è un crepaccio
Che sbrana ogni singolo pensiero,
un abisso che trascina giù,
in un mulinello, ogni mio organo:
Ora li cerco a tastoni, (Cacciatore cieco)
nel buio, sulla terra nel profondo,
o attendo che me li porgano…
“PASSAMI ALMENO UN POLMONE!
HO VOGLIA DI RESPIRARE!!
O UN OCCHIO, GIUSTO PER POTER CERCARE!!”
Urlo,(sono stato lasciato qui, il corpo smembrato
(atterrito))
E ti sento lontana (o vicina? Dove sei?)
(e come diavolo faccio? Niente gola, lingua o altro…)
“Ma no! Lasciamo stare”- Penso –
“Meglio sbattere e non vedere.
E’ più facile credere e cadere,
E’ più facile non distinguere tra soffrire e godere
Soffocati nel buio da miliardi
Di lettere, parole, bivi da scegliere
E tagliole lasciate lì (BASTARDI!!!) da pii tagliagole.”
Il dolore è lancinante…
O no?! Forse non ho più neanche
Un nervo…
Ah eccone lì uno! Solo allo scoperto
Non scappa e non si muove
Chiede solo di non sapere.